HOME / News / I Grandi Maestri | Ingo Maurer

Primo piano di Ingo Maurer con degli occhiali con i bulbi della lampadina

I Grandi Maestri | Ingo Maurer

Ingo Maurer (autoritratto)

“Senza correre rischi, senza impegnarsi con oggetti che non corrispondono esattamente all’idea consolidata di bellezza, le nostre idee non cresceranno e la qualità estetica del nostro lavoro gradualmente si deteriorerà… Qualche volta less taste is more taste” Ingo Maurer

Dialogo tra Ingo Maurer e Franco Raggi – 20 settembre 1989

Come hai cominciato a occuparti di luce?

Cominciamo proprio dal principio?

Se è importante…

Allora io sono cresciuto su un’isola nel lago di Costanza. Mio padre morì quando avevo quindici anni, eravamo cinque bambini, era subito dopo la guerra; e il mio fratello più vecchio mi disse che non potevo finire la scuola e dovevo imparare un mestiere e io scelsi di fare il topografo.

La tua infanzia è legata al lavoro concreto ad un rapporto diretto con le cose, l’ambiente e la natura, pensi che ti abbia influenzato?

Mi hanno influenzato i miei genitori erano appassionati di libri e di arte e anche se non erano ricchi avevano un talento per le cose belle e ben fatte che ho apprezzato più tardi. Comunque mentre mi mantenevo facendo il topografo mi sono iscritto ad un corso di grafica commerciale all’Accademia di Monaco e poi sono partito per l’America, mi sono sposato, lavoravo free lance per IBM e…

Topografia, Grafica commerciale… che cosa ti interessava veramente?

Era un lavoro; se avessi avuto i soldi probabilmente sarei diventato architetto o scenografo; sentivo di essere una persona creativa, ero affascinato dalla magia dell’invenzione estetica, della creatività, dall’illusione…capisci, quello scatto imprevisto che per esempio sulla scena di un teatro trasforma un volgare ordinario pezzo di plastica colpito da una luce in un meraviglioso riflesso…

Come hai fatto la prima lampada.

L’ho fatta perché l’avevo disegnata, mi piaceva l’dea e l’unico modo per vederla era fare un prototipo.

E poi?..

La feci vedere ad un architetto che disse che gli piaceva e chiese se ne potevo fare dieci. Bene ,pensai, questo potrebbe essere un business “laterale” per guadagnare qualche soldo in più.

Come era fatta?

Era un esercizio sulla lampadina nuda. Io sono sempre stato affascinato dalla lampadina, mi piace la luce elementare che fa appesa al centro di una stanza, ed è così che capita spesso di vederla nei paesi del sud. E’ vero in un certo modo è una luce brutale, ma per me è la più incredibile delle invenzioni…

Ti piace il fatto che sia la forma meno elaborata e più sintetica di illuminazione?

Sì e poi ha insieme energia e fragilità…ti può distruggere è impietosa ed è anche così tenera…è come dire … una simbiosi tra espressione tecnica e poetica….

Penso che più che in altri campi nel campo del design della luce la tecnologia è già l’dea; Senza l’innovazione tecnologica non c’è nuovo design. Hai parlato della lampadina come idea primaria come archetipo; cosa pensi delle alogene e delle dicroiche, sono i nuovi archetipi per il design di lampade?

Quando Io ho cominciato a lavorare con le alogene ce n’erano già tante. Io ho fatto il sistema “YaYaHO” quello con i fili tesi a bassa tensione. Ma nel campo della alogena nuda c’era già quella di Castiglioni la Scintilla. Io ho pensato che l’unica cosa che si poteva fare in più con questa luce puntiforme fortissima era di poterla muovere, spostare nell’aria.

Dettaglio di Scintilla, lampada per Fontana Arte(1972 – “Scintilla” su cavo per Fontana Arte – Livio e Piero Castiglioni – Photo courtesy: Piero Castiglioni)

Come l’incontro con una lampadina nuda che è poi la cosa più banale del mondo?

Io vorrei fare un libro sulla lampadina nuda. Sono incredibili le varietà di luci che si possono ottenere, e anche di ombre e poi vorrei fare una mostra sulla penombra o qualcosa di simile.

Sono stati di breve durata, stati d’incertezza. Io per esempio mi chiedo a volte qual è la differenza tra l’alba e il tramonto perché una ci sembra fredda e l’altra calda quando da un punto di vista “illuminotecnico” dovrebbero essere simili…e allora penso che la luce riguarda anche percezioni non solo visive ma tattili come la temperatura dell’aria i profumi, i suoni o che so…

E’ vero anche in situazioni limite come sull’oceano o nel deserto.

Non ti interessa solo il prodotto e la sua qualità, ti piace anche fare operazioni più ambientali, o comunque considerare la luce come parte di una performance ambientale… spaziale …artificiale?

La luce è artificiale ma non è solo artificiale, io non riesco a separare le due cose. Dentro di noi la luce è una realtà che colleghiamo ad umori e atmosfere; l’artificialità per me è un concetto neutro; la luce degli uffici per esempio è di una neutralità mortale proprio perché non ha memoria di nessuna “atmosfera”. Io faccio oggetti che fanno anche luce, ma penso che la lampada più di ogni altro prodotto di design sia in grado di creare delle atmosfere di influire sulla qualità dell’ambiente perché la luce è immateriale e questo è l’aspetto che mi stimola maggiormente. Così io preferisco quando mi danno un “tema ambientale” da risolvere con la luce. Per esempio recentemente uno dei miei ultimi progetti riguarda la luce per gli uffici della Driade a Caorso non abbiamo voluto lavorare su uno standard, ma ho chiesto a quelli che dovevano lavorarci, come se sentivano individualmente rispetto al problema della luce se la volevano varabile, se gli piaceva individuale, mobile eccetera e il risultato è stato un sistema alternativo per gli spazi di lavoro.

Quindi ogni problema potrebbe dar luogo ad un nuovo prodotto?

Si. Per farti un altro esempio abbiamo illuminato il ristorante dell’ultimo edificio di Jorn Utzon in Danimarca. Era una corte e abbiamo deciso di creare un grande anello di luce sospeso, un cerchio di luci a venti metri di altezza e largo sessanta metri. Abbiamo fatto delle “sculture di luce galleggianti” In realtà io sono il contrario di un industriale perché non piace ripetermi, mi piace andare avanti.

La tua idea é di pensare dei sistemi ambientali luminosi invece che delle singole lampade; una progettazione ad hoc che usa prodotti minimali standard e li integra ogni volta in modo diverso. Un lavoro che ha più a che fare con l’unicità dell’architettura che con la produzione di serie.

Mi sembra più interessante questa dilatazione del design. Il terzo progetto infatti l’ho chiamato “Nave di luce” è un ristorante in una serra all’ultimo piano di un nuovo edificio. Un ambiente trasparente alto dieci metri e all’esterno voglio mettere delle sculture che si muovono con il vento; sarà una specie di segnale luminoso nel paesaggio.

Oltre alla lampadina nuda quale altro elemento ti pare fondamentale nel trattare la luce?

Io penso la carta. Io sono partito dalla carta perché il binomio lampadina/carta è straordinario, è il più ovvio ma il più imprevedibile. Le lampadine alogene sono importanti ma hanno come dire un carattere…maschile, quello della luce diretta, mentre la luce filtrata dalla carta è morbida, è femminile.

Per finire voglio chiederti cosa ti aspetti dalla tecnologia?

Dovrei dire una luce immateriale che non ha sorgente.

Dialogo tra Ingo Maurer e Franco Raggi (1)

Attraverso le parole di Alessandro Mendini: “Ho sempre guardato di sfuggita le lampade di Ingo Maurer. Mi sono sempre solo detto “è un mago”. Ma non volevo pensarci bene, non sono mai riuscito a definirlo, e perciò non ci ho pensato. Ok, Maurer da sempre disegna le lampade, si sa e si dice. Ma questo è proprio vero? No è sbagliato. Maurer non disegna lampade come fa ogni normale e tipico designer. Maurer “usa” le lampadine (di tutti i tipi), le combina, le strumentalizza, le monta assieme, le smonta, le divide, eccetera, per obbiettivi e finalità che non hanno direttamente a che fare con l’intenzione di “disegnare una lampada come strumento per fare luce”. È per questo sfuggente scivolamento di obbiettivi che non ho voluto (non ho saputo) finora pensare al lavoro di Maurer. Un fascino rimasto misterioso. Una luce non di raccoglimento, ma anzi una energia nervosa di dispersione”. (2)

“Seduttore della luce”, come ama definirsi rifuggendo la definizione di poeta che gli viene comunemente attribuita, sempre a caccia “dell’ingrediente magico” per le sue creazioni. Nella libreria dello studio troviamo “Der kleine Maurer” un libro della grandezza di 8 x 10,5 cm che descrive sistemi, lampade, progetti di illuminazione architetturale e altri prodotti.

Sistemi

  • 1984 – YaYaHo – Ingo Maurer – Team

Dettaglio dell'opera YaYaHo(1984 – YaYaHo – Ingo Maurer – Team – Photo courtesy: Pinterest)

Sistema di luci a due cavi, con montaggio a parete o a soffitto. Composizione di diversi elementi mobili luminosi, regolabili in orizzontale e alcune anche in verticale. Il sistema BaKaRù (1986) prevede tre cavi.

Lampade

“Non mi piace imporre le cose. non voglio proporre un oggetto da mettere semplicemente su un mobile e non toccarlo più. spero che le persone si divertano a giocare con le mie lampade per creare la luce che fa per loro. spero che portino un tocco personale con la loro immaginazione.” (3) Ingo Maurer

  • 1966 – Lampada da tavolo “Bulb” per Ingo Maurer – Ingo Maurer

Dettaglio della lampada Bulb(1966 – Lampada da tavolo “Bulb” per Ingo Maurer – Ingo Maurer – Photo courtesy: Pinterest)

Questa lampada fa parte della collezione permanente di design del MoMA a New York nel 1969.

  • 2003 – Lampada a sospensione “Canned Light” per Ingo Maurer – Ingo Maurer

Canned Light, lampada a sospensione(2003 – Lampada a sospensione “Canned Light” per Ingo Maurer – Ingo Maurer – Photo courtesy: Pinterest)

Questa lampada fa parte dei prodotti della categoria “Essentials”. Un oggetto legato alla grande distribuzione, la zuppa in scatola della Campbell’s Soup Company, attira l’attenzione di artisti come Andy Warhol che lo inserisce nelle sue opere, fino a diventare una lampada per Ingo Maurer.

  • 2006 – Lampada da tavolo “Delirium Yum” – Ingo Maurer

Dettaglio dell'opera Delirium Yum(2006 – Delirium Yum – Ingo Maurer – Photo courtesy: Pinterest)

Questa lampada è stata realizzata in collaborazione con Sebastian Hepting, membro del suo team. Versione in piccolo della “colonna d’acqua” creata per il cortile interno del Kruisherenhotel a Maastricht. Corian, cristallo e specchio in alluminio. Lampada alogena. L’intensità della luce e il movimento dell’acqua sono regolabili.

  • 2018 – Zettel’z Munari – Ingo Maurer – Team

Dettaglio di Zettelz Murani(2018 – Zettel’z Munari – Ingo Maurer – Team – Photo courtesy: Pinterest)

Edizione limitata di Zettel’z 5, una delle lampade più conosciute di Ingo Maurer. La lampada ha 80 fogli di carta giapponese che è molto sottile e traslucente, stampati su due lati con le immagini tratte da “Bruno Munari‘s ABC”, pubblicato nel 1960.

Progetti

  • 1997 – Leòn – Paragaudì

Leon nasconde uno dei pochi edifici progettati dall’architetto Antoni Gaudì che non risiedono a Barcellona, la Casa de Botines. Ingo Maurer accetta la sfida che gli viene dall’ architettura geniale, creando una luce speciale. È nato così un nastro lungo quasi cinque metri e largo 110 cm che egli faceva torcere e dorare a suo piacimento. Dal 1997 Ingo Maurer ha creato diverse versioni del Nastro d’Oro. (4)

Un'opera di Ingo Maurer esposta(Nastro d’Oro – Ingo Maurer – Photo courtesy: Pinterest)

  • 1998 – Monaco di Baviera – Stazione della metropolitana Westfriedhof

Illuminazione della banchina della stazione della metropolitana Westfriedho. Sopra la banchina della stazione metropolitana di Monaco sono state sospese undici cupole in alluminio. (4)

La stazione della metropolitana illuminata(1998 – Monaco di Baviera – Stazione della metropolitana Westfriedhof – Ingo Maurer – Photo courtesy: Pinterest)

  • 2013 – Londra – Edition Hotel

Il pendolo ha un’altezza di 190 cm e un diametro di 130 cm. Il concetto e l’architettura d’interni dell’albergo sono di Ian Schrager. (4)

Una delle sale dell'Hotel Edition(2013 – Londra – Edition Hotel – Ingo Maurer – Photo courtesy: Pinterest)

  • 2016 – Milano – Torre Velasca per Audi

Illuminazione intesa come opera d’arte. In occasione del Salone del Mobile a Milano del 2016 Ingo Maurer ha illuminato la Torre Velasca di per Audi. Dipinge l’edificio con la luce: la parte inferiore e la copertura della torre assumeranno un colore rosso brillante. La parte centrale resta scura, ma alcune finestre si illuminate a caso. Quattro anelli bianchi si muovono sulla parte inferiore dell’edificio formando il logo della Casa automobilistica per qualche secondo di tanto in tanto. (4)

(2016 – Milano – Torre Velasca – Ingo Maurer – Photo courtesy: Giulia Chinello)

Bibliografia:
(1) Courtesy Franco Raggi: Dialogo tra Ingo Maurer e Franco Raggi pubblicato su Flare – Architectural Lighting Magazine
(2) https://www.domusweb.it/it/progettisti/ingo-maurer.html
(3) Ingo maurer. Der Kleine Maurer, 2006, Ingo Maurer
(4) https://www.ingo-maurer.com/it/progetti/

Lascia un commento

Altri Post

Questa sezione è dedicata al design e alla storia dell'architettura. Cercheremo con l'analisi storica di capire i bisogni attuali e quali saranno gli obiettivi futuri. Inoltre parleremo dei concorsi, le porte di accesso al mercato del lavoro, delle associazioni di settore e dell'indotto reale dietro le multinazionali produttrici di lampade.

MENU