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Primo piano di Luigi Caccia Dominioni

I Grandi Maestri | Luigi Caccia Dominioni

Luigi Caccia Dominioni (autoritratto)

“Il compito dell’architetto è anche quello di suscitare un succedersi di emozioni. I miei ingressi, le mie scale, persino i mobili sono soluzioni urbanistiche” Luigi Caccia Dominioni

“(…) Ma cosa el gha stu prestinee de rump… Alter che prestinee, alter che rump, borbotta il vigile, l’è el scultur Castiglioni ch’el rienta nel so studi. Allora guardo meglio e vedo in faccia “el prestinee”: figurarsi, è lui, il Giannino, lo scultore che conosco da sempre, da quindici anni sono stato con lui e con i suoi figli giorni e mattino e sera dal primo anno di università. Allora lo scultore mi vede, mi riconosce e ci sorridiamo. Entrate che piove dice a me e al vigile. Entriamo in tre e ci troviamo dentro in quattro. Il vigile intabarrato tutto scuro, io in maglietta e calzoni kaki, el prestinee e, oltre, tutto bianco, più bianco ancora del padre perché più coperto ancora di lui di una quantità di polvere di gesso, il mio amico Livio! Solamente gli occhiali e il biondo dei capelli possono distinguerlo dal padre. Ma cosa fai Livio? Gli chiedo e mi risponde: abbiamo lavorato tutta notte per la festa di stasera in piazza: 120 pupazzi di gesso, 24 altoparlanti, una miriade di cavi, lampade, lampadine, razzi, petardi ovunque. E stasera? Stasera come le cannonate in aula con il Rettore! Ti ricordi? O con il bidello Andronico ad architettura per lo schizzo ex tempore. (Roba del genere con petardi che valevano un pranzo al Savini). Stasera una cannonata! Al rientro da Milano fermati prima di andare a Morbegno! Gran spettacolo e ci sono dei superfono montaggi di nuovo tipo, sentirai che roba! Livio stanchissimo per la notte di lavoro era contento e gli brillavano gli occhi. Era fatto così. Lavorava sempre e moltissimo per gli altri e ciò lo gasava, lo rendeva felice, felice come un bambino. (…)” Luigi Caccia Dominioni (1)

Luigi Caccia Dominioni e Livio Castiglioni si sono conosciuti all’inizio degli anni Trenta al Politecnico di Milano. Dopo la laurea iniziano a lavorare insieme nello studio in Corso di Porta Nuova, accanto al laboratorio del padre scultore Giannino Castiglioni; a loro si aggrega, l’anno successivo, anche il fratello minore di Livio. Si occupano della progettazione di interni, di architettura, di oggetti.

Con i fratelli Castiglioni sviluppa un’intensa attività pioneristica nel campo del design, progettano una serie di apparecchi radio per Phonola e un’ampia ricerca sul tema della posata, i cuoi prototipi sono esposti alla VII Triennale di Milano nel 1940, per la quale cura anche la “Mostra dell’apparecchio radio”. Al Moma di New York è esposto in permanenza “Caccia” un servizio di posate prodotto da Alessi (progetto di Luigia Caccia Dominioni, Livio e Pier Giacomo Castiglioni.

Nell’intervista di Franco Raggi, il Caccia racconta la nascita di Azucena (1947). L’azienda produce più di centocinquanta suoi pezzi, tra cui il tavolo ovale T3 (1948), le lampade Monachella (1953) e imbuto (1953), la poltroncina Catilina. Del 1959 è la sedia T12 per Palini che nuovamente progetta insieme ai Castiglioni. Con questo oggetto di design vince il suo primo Compasso d’Oro nel 1960, cui seguirà nel 1984 quello per la porta Super per Lualdi. (2)

Monachella, progettata da Luigi Caccia Dominioni(1953 – Lampada da tavolo “Monachella” per Azucena – Luigi Caccia Dominioni – Photo courtesy: Azucena)

Piero Castiglioni e Luigi Caccia Dominioni

Il Caccia (gli addetti ai lavori affettuosamente lo chiamano così o Gigi) e Piero Castiglioni collaborano nel campo dell’exhibition: “Ratti and Paisley” (1988) al Castello Sforzesco a Milano, “Pittura lombarda del secondo ‘800” (1994) e “Arte a Milano 1900 – 1929” (1995) alla Fiera Campionaria di Milano, “Ratti and Paisley” (1995) alla Chiesa di Sant Agostino a Como, “Tessuti copti” (1996), “Velluti” (1997), “Seta e colore” (1999), “Navigando tra le sete” (2000) per la Fondazione Antonio Ratti, “Gianni Versace, La reinvenzione della materia” (1998) a Villa Olmo a Como, “Cezanne, Renoir. Collezione P. Guillaume” (2005) all’ Accademia Carrara di Bergamo.

Tradizione milanese e lombarda dell’architettura

Sul portale dell’ordine e fondazione degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Milano è possibile trovare le mappe con gli itinerari di architettura milanese: la descrizione della città attraverso l’architettura moderna. Oggi selezioniamo l’itinerario del Caccia. “Luigi Caccia Dominioni è tra i più autorevoli interpreti di quella tradizione milanese e lombarda dell’architettura riconducibile ad una disciplinata adesione alla realtà, in cui ogni soluzione architettonica, pur non rinunciando a ricercate soluzioni formali, è sempre ricondotta ad una logica stringente, risultato di un’attenta quanto paziente sintonia con il luogo, le tecniche ed i materiali. Stabilisce un punto di contatto tra il rigore del “modello razionalista” e le libertà espressive della “proposta organica”, senza mai tralasciare un’osservazione costante nei riguardi delle “preesistenze ambientali”. (3)

L’itinerario milanese vede protagoniste le seguenti architetture: Casa Caccia Dominioni (1947-1949), Convento di Sant’Antonio dei Frati Francescani (1959-1963), Convento e Istituto della Beata Vergine Addolorata (1946-1955), Complessi per uffici, negozi e abitazioni in Corso Europa (1953-1966), Edificio per abitazioni (1956-1957), Edificio per abitazioni (1956-1959), Edifici per abitazioni e negozi (1959-1964), Edificio per abitazioni e negozi (1963-1966), Edificio per abitazioni e uffici (1968-1970), Edificio per abitazioni, uffici e negozi (1957-1961), Edificio per uffici e Vip’s Residence (1963-1967), Edificio per uffici e negozi (1958-1960), Piazza San Babila (1996-1997).

Dialogo tra Luigi Caccia Dominioni e Franco Raggi – Anno 2003

Lei è Milanese?
Sì!

Molto Milanese?
Mio padre si chiamava Ambrogio, sono nato il giorno di S. Ambrogio … mi pari basti

Cosa vuole dire essere milanese e architetto?
Vuol dire fare, avere voglia di fare, avere voglia di fare bene…c’è il luogo comune che il milanese è un lavoratore, in realtà è uno…pratico, quando si dice il “Rito Ambrosiano” si intende un modo di fare efficiente, diretto, efficace, senza formalità. Nel Rito Ambrosiano, in chiesa, l’altare è rivolto verso il popolo…

Si può fare qualità senza cultura?
La cultura è qualcosa che si ha dentro, che viene da lontano, che si costruisce lentamente, anche inconsapevolmente. (…) Io non ho cultura nel senso che sono un pratico non un teorico (…)

Come la ha aiutata una formazione classica in una professione tecnica?
Ma, non so, parlerei di “rotondità”, la formazione classica mi ha dato una certa profondità, ma forse anche umanità, non di origini ma di approccio nel senso di accettare con curiosità la diversità e le condizioni nelle quali ci si trova a lavorare.

In che condizioni ha cominciato a lavorare?
In una intervista su un giornale di qualche tempo fa mi hanno fatto dire “la mia fortuna è stata la guerra”. Non ho detto proprio così, anzi è vero il contrario però il senso è che durate la guerra, non essendoci niente da costruire, avevo cominciato a pensare a cose più piccole all’arredamento e al design, che non si chiamava ancora così.

Il design è stato un ripiego per mancanza di lavoro?
No, a me comunque interessava partire dal dentro. Io credo che l’architettura sia un servizio e che l’architetti deve partire dalla necessità dell’abitare e non dalle facciate. (…)

Soluzioni per abitare meglio?
Se si può dire, io sono diventato veramente uno specialista delle abitazioni, dell’abitare, della famiglia, di come dar forma a spazi per far stare insieme meglio una famiglia. Ho fatte sempre case, appartamenti, ville,…spazi per lavorare pochi, comunque i progetti di costruzioni per uffici sono più semplici, più facili.

Il design è un episodio marginale?
Intanto il design non l’ho fatto per l’industria l’ho fatto più per me stesso, per i miei progetti.

Perché? Non le piaceva pensare per la grande serie?
Mi sarebbe piaciuto, ma a parte le prime due radio Phonola con i fratelli Castiglioni, non l’ho più fatto perché non mi è capitato. (…) Insomma sono stato fregato dall’educazione e dalle mie mani che volevano fare l’architettura alla mia maniera.

Allora qual è stata la spinta al disegnare ad esempio lampade per Azucena?
Azucena l’ho fatta io, l’ho inventata io…per difesa.

Dettaglio della lampada da appoggio Azucena(1979 – Lampada da appoggio per Azucena – Luigi Caccia Dominioni – Photo courtesy: Pinterest)

Per difesa da cosa?
Per fare il design bisogna fare e rifare, provare e riprovare finché non va bene; io facevo queste cose per me con un vetraio, un metallista, un elettricista…artigiani. Poi se un cliente aveva bisogno per esempio di sei lampade, già che c’ero ne facevo dieci, poi ne rompevo tre…ma non caricavo sui costi perché mi sembrava di rubare, e alla fine oltre a lavorare ci perdevo. Mi sono detto: qui è meglio mettere su una ditta che fa queste cose, che quando finiamo le nostre case le possiamo completare. Allora ho chiamato Gardella e Corradi. Azucena è nata così, per difendermi dal fatto che non sono né artigiano né imprenditore e volevo disegnare le cose giuste per i miei ambienti e le mie architetture.

Lampada da terra Sasso per Azucena(1948 – Lampada da terra “Sasso” per Azucena – Luigi Caccia Dominioni – Photo courtesy: Pinterest)

Cosa l’appassiona nel suo mestiere?
La ricerca della forma, della cosa ben fatta. Io continuo a disegnare a ridisegnare a cercare di migliorare.

Le nostre città sono fatte di storia. Si può ancora pensare il moderno come differenza?
Ultimamente è difficile. Ha presente lo scandalo del progetto per il pavimento di Sant Ambrogio?

Il pavimento di mattonelle “bombate”…?
Quando la Sovrintendente l’ha visto ha detto che era stato messo un pavimento da “cucina” in S. Ambrogio. Ha detto che aveva carpito la buona fede. Ha detto che doveva vedere un campione in opera. Non si erano capiti i disegni. In realtà io ho voluto riportare “sopra” il pavimento che c’è sotto nella cripta, che è deformato e rielaborato dall’uso dei secoli, con lo stesso disegno ma con pietre di colori più chiari, leggermente bombato così non può fare specchio, è opaco, semplice, bello…;la forza è lì.

Anche Vittorio Sgarbi ha detto che gli piaceva, anche se lo trova poco forte.
Non “trovava un poco forte” un bel niente; gli piaceva, ma non poteva dirlo troppo.

Cos’altro non le piace?
La casa senza ingresso. Nella casa entrata e uscita devono essere luoghi, spazi anche minimi ma spazi. Puoi abolire lo spazio tra cucina e soggiorno ma non l’ingresso. Non si può avere l’ingresso in soggiorno se no rischi di trovarti in poltrona il vigile urbano che ti viene a dare la multa.

E cosa le piace?
Il senso di deambulare di scoprire lo spazio che cambia. Bisogna far camminare la gente più che si può…ma mai in corridoio. Poi detesto gli armadi in camera, l’armadio è squallido, l’armadio è sciocco, toglie spazio e parete ai mobili ai quadri, meglio un closet, meglio muovere i muri, creare nicchie…La casa è un racconto.

Cosa racconta?
Tanto. I genovesi per esempio, che hanno uno spirito più…“commerciale”, dove ti mettono il salone delle feste? Nell’ingresso, così tutti lo vedono e non ti fanno vedere il resto della casa; “esprit commercial”…uno si ferma prima e non rischia di passare dalla sala da pranzo che, non si sa mai, potrebbe venirgli voglia di mangiare…

Come usa la luce in architettura?
Dalla luce bisogna difendersi. Se devo proprio dire qualcosa sulla luce, per esempio, nelle chiese, preferisco costruire un’atmosfera a partire più dal buio che dal chiaro. Nell’architettura in generale mi tengo questa arma del filtrare schermare, ridurre la luce. La vetrata è molto utile perché quando fai una apertura in facciata non sai mai bene come ti viene dentro; cambiando tipo di vetro la vetrata ti permette di schiarire o scurire la luce, come gli occhiali da sole.

Come si illuminano gli interni?
Tanto e poco. Per far luce, tanta e subito io compro quei riflettori del Castaldi, belli, tecnici, mi baserei solo su quelli, poi metto cose piccole il mio “Imbuto” sottile, cose che si vedono poco.

La lampada da terra Imbuto(1953 – Lampada da terra “Imbuto” per Azucena – Luigi Caccia Dominioni – Photo courtesy: Azucena)

Un architetto contemporaneo che le piace?
E che conosco, la Gae Aulenti, che ha lavorato con me anni fa per la Triennale come mia allieva, poi ha superato il maestro…viaggia per conto suo, è brava…però.

E la cosa più bella sua?
La casa di Piazza Carbonari…che è proprio bella, e sa perché è così? Perché c’era un vincolo di Regolamento Edilizio. L’ha disegnata il Regolamento, l’obbligo di arretramento del fronte per poter salire in altezza e l’inclinata se è bella non è neppure merito mio.

E la cosa più brutta…non sua?
L’illuminazione notturna di Sant’Ambrogio. Troppa luce e poi quei fari dal basso…scandaloso! Mai la luce dal basso, la luce arriva dall’alto! E poi dal basso acceca, spaventoso. Così non si fa!

È sbagliato illuminare i monumenti?
È sbagliato illuminarli troppo. S. Ambrogio in particolare era ed è ancora “quello vecchio la fuori di Milano”. Lasciamolo com’era memoria di una Milano fatta di penombre.

Era meglio non fare niente?
In questo caso sì Tutto si può fare, basta farlo bene, e saperlo fare, altrimenti si lasciano le cose come sono. O si migliora o non si fa.

Dialogo tra Luigi Caccia Dominioni e Franco Raggi (4)

Queste interviste sono preziose, perché ci permettono di conoscere l’evoluzione della storia dell’architettura e del design italiano attraverso le voci dei grandi maestri.

Bibliografia:
(1) Courtesy Chiara Baldacci – L’angolo della memoria – Pubblicato su Flare – Architectural Lighting Magazine – n°22 – DICEMBRE 1999 – pag. 80
(2) Anty Pansera. Dizionario del design italiano, Milano, 1995, Cantini Editore
(3) https://www.ordinearchitetti.mi.it/it/mappe/itinerario/45-luigi-caccia-dominioni/saggio
(4) Courtesy Franco Raggi: Dialogo tra Luigi Caccia Dominioni e Franco Raggi pubblicato su Flare – Architectural Lighting Magazine – n°32 – aprile 2003 – pag. 86

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Questa sezione è dedicata al design e alla storia dell'architettura. Cercheremo con l'analisi storica di capire i bisogni attuali e quali saranno gli obiettivi futuri. Inoltre parleremo dei concorsi, le porte di accesso al mercato del lavoro, delle associazioni di settore e dell'indotto reale dietro le multinazionali produttrici di lampade.

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