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Ritratto di Pietro Chiesa

I Grandi Maestri | Pietro Chiesa

Pietro Chiesa (autoritratto)

Pietro Chiesa nasce a Milano nel 1892 in un’illustre famiglia ticinese di artisti. Dopo un periodo di apprendistato presso i più rinomati artisti ebanisti e decoratori milanesi apre nel 1921 un laboratorio per la lavorazione del vetro, dove collabora con artisti e architetti.

Dettagli di vetrate realizzate da Pietro Chiesa per appartamenti(“Vetratine” da appartamento – Pietro Chiesa – Photo courtesy: Archivio storico Chiara Baldacci)

Si occupa anche di insegne, in particolare quelle della Galleria Vittorio Emanuele. Per normativa comunale, dettata dallo stesso Giuseppe Mengoni, devono essere tutte con sondo in vetro nero con scritte oro. Esegue una vetrata per il Duomo di Milano, su disegno di Aldo Carpi. Le vetrate del Ministero dell’industria di Roma su disegno di Mario Sironi.  Nel 1925 espone all’Exposition des Arts Décoratifs di Parigi e alle esposizioni di Colonia e Barcellona. Nel 1929 produce per Gabriele D’Annunzio le vetrate del Vittoriale. In questi anni esplora nuove tecniche di lavorazione del vetro e si specializza nelle produzioni di vetri opacizzati o acidati che lo porta a promuovere “la modernità più audace nella tecnica vetraria” come scrive Ponti. Nel 1931 Nuovi Lampadari di Pietro Chiesa, in Domus, settembre 1931, pp.45-48 “(..) Le sue prime preoccupazioni si rivolgono ad ottenere il massimo appropriato rendimento della luce impiegata in rapporto alla specifica destinazione dell’apparecchio, il cui impianto è voluto semplice e facilmente accessibile a chiunque, onde sia agevole e sbrigativo smontarlo, pulirlo, svitare le lampadine senza bisogno di ferri o tanto meno dell’interventi di operai specializzati”. Nel 1932 viene nominato direttore artistico insieme a Ponti di Fontana Arte.

Vista frontale del Tavolino curvo(1932 – Tavolino curvo grande per Fontana Arte – Pietro Chiesa – Photo courtesy: Pinterest)

La storia di Fontana Arte e il suo rapporto con il vetro e la luce coincide con la nascita e diffusione del design italiano, grazie alla presenza di Gio Ponti e alla sua intuitiva promozione di una nuova unità culturale nell’era dell’industrializzazione. Luigi Fontana nel 1881 fonda una società di commercializzazione e lavorazione di lastre di vetro per usi edilizi. All’epoca la lastra di vetro rappresenta un’innovazione assoluta e Fontana è tra i primi a introdurla in Italia. Questa produzione all’avanguardia è destinata a rivoluzionare lo spazio in architettura, che trasforma i concetti di aria, sole, luce. Ponti promuove l’associazione del genio creativo di Pietro Chiesa con l’attitudine e la scala industriale di Luigi Fontana. Nel 1932 nasce Fontana Arte. L’industria è la maniera del XX secolo, sostiene Ponti, è il suo modo di creare. Nel binomio arte e industria, l’arte è la specie, l’industria la condizione”. (1) Tra le due guerre, inizia così una collaborazione che costituisce un “unicum” di proficuo interscambio tra azienda e progettista. Realizza mobili, oggetti, oltre 1500 prototipi di lampade, che rivelano una profonda conoscenza dei criteri di illuminotecnica. Molti di questi oggetti oggi sono ancora presenti nel catalogo di Fontana Arte come il tavolo curvo Fontana (1932), il vaso Cartoccio (1932), il Luminator (1933), archetipo della lampada da terra anni Trenta. (2)Vaso Cartoccio di Pietro Chiesa

(1932 – Vaso “Cartoccio” per Fontana Arte – Pietro Chiesa – Photo courtesy: Pinterest)

Tante sono le lampade, di Fontana Arte diventate icone del design italiano. Bilia di Gio Ponti (1932), Fontana di Max Ingrand (1954), Re, Regina di Bobo Piccoli (1968), Uovo di Ben Swildens (1972), Scintilla di Livio e Piero Castiglioni (1972), Parola di Gae Aulenti e Piero Castiglioni (1980), Prima Signora di Daniela Puppa (1992), Flûte di Franco Raggi (1999). Pietro Chiesa, con la sua vastissima produzione per Fontana Arte, rappresenta probabilmente la figura più all’avanguardia dell’anteguerra, una presenza così determinate da poter compendiare e rappresentare, da sola, lo “stile anni Trenta”. Benché avesse frequentato la Facoltà di Giurisprudenza preferisce seguire la sua vocazione di designer ante-litteram e il suo amore per il vetro. Con il binomio Fontana – Chiesa si sviluppano le idee forse più interessanti degli anni Trenta.

Una delle lampade da tavolo progettate da Pietro Chiesa(1933 – Lampada da tavolo “0836” per Fontana Arte – Pietro Chiesa – Photo courtesy: Pinterest)

La sua ricerca segue due direzioni: da un lato lavora sui “tipi” tradizionali e limitando ogni superfluo, arriva alle forme elementari. Dall’altro lato, invece, ricerca la perfezione, cura ogni dettaglio, è esigentissimo nella finitura dei particolari. Rivisita le tipologie tradizionali per riproporle con forme e valenze nuove. Gio Ponti definisce questa attenzione all’oggetto “la tendenza meccanicistica”, scrive su Domus n. 95, 1935 “Modelli che si possono considerare precorritori di quel gesto meccanicistico che oggi affascina e seduce molte menti. Questi modelli hanno triplice validità: quella di una effettuazione tecnica impeccabile, quella di una buona “produzione” effettiva, e quella formale raggiunta”. È sempre Gio Ponti a proporre in un estratto di Domus del 1949 una monografia su Pietro Chiesa (L’opera di Pietro Chiesa, n. 234, vol. III) considerandolo un maestro e una figura di riferimento: “Ma chi esamina le opere di lui ha modo di riconoscere, in questi pezzi, la documentazione della creazione di prototipi eccezionali, di forme precorritrici, forme – eccone l’importanza, la verità, la realtà – convalidate da una tecnica perfetta e non soltanto “proposte”,esempi di una vera produzione e non di modelli ipotetici, non ricerche ma raggiungimenti. Oggi che si dà importanza all’Industrial Art, all’Industrial Design, certi pezzi di Chiesa (io li chiamo i “classici” di Chiesa) possono fare testo e li proponiamo alla considerazione di quei competenti e nuovi appassionati internazionali, ai quali, per l’intervallo di ormai dieci anni dall’inizio della guerra, queste sono cose nuove. Si impone, ormai, nel campo della produzione d’arte, così come in quello dell’architettura e dell’arredamento, una revisione internazionale di certi valori precorritori italiani e di tante altre realizzazioni, da trenta’anni in qua create da noi: e noi la faremo attraverso una ripresentazione che è ormai indispensabile”. (3)

Lampada da terra 0312(1933 – Lampada da terra “0312” per Fontana Arte – Pietro Chiesa – Photo courtesy: Archivio storico Chiara Baldacci)

 Il caso Luminator

“Luminator, il più grande contributo alla moderna tecnica dell’illuminazione razionale” in questo modo l’azienda di lampade Luminator Italiana si presenta sulle pagine di Casabella n. 68 – 69, settembre, 1933, p. III. Lodate le doti illuminotecniche nell’opuscolo Luminator luce d’aurora, pubblicitario, editoriale Domus nel 1934 “Fonte della luce invisibile; luce bianca riposante; assoluta assenza di ombre; assenza di raggi rossi; impiego in qualunque locale”.

Nel corso degli anni Trenta nasce il caso Luminator, la lampada da terra ad illuminazione indiretta: un “tipo” che, variamente interpretato in innumerevoli modelli, è a tutt’oggi presente e riproposto. Il termine Luminator, oltre che a richiamare un curioso fatto linguistico (era questo infatti il nome di una famosa lampada-scultura, un pezzo unico quindi), definisce anche quegli apparecchi prodotti nel decennio Trenta da una marca specifica: la Luminator Italia. Infine identifica una ricca serie di lampade firmate in vari decenni da diversi progettisti. Il progetto di Luciano Baldessari, progettato nel 1926 e realizzato per l’Esposizione Intenzionale di Barcellona del 1929, si presenta già con il nome di Luminator. La sua forma, a misura d’uomo, si propone come un “manichino illuminante” ed ha evidenti rapporti con la cultura figurativa futurista (ancora presente) e con la contemporanea cultura del costruttivismo. Pur rimanendo allo stadio di prototipo ebbe ampia eco per i suoi legami con l’universo artistico di quel periodo. Troviamo lo stesso termine nel 1930 -1932, legato questa volta ad un’azienda, la già citata Luminator Italiana, che ripropone la tipologia della struttura di Baldessari con forme più essenziali. Prodotto nel 1985 da Luceplan: cilindro cromato e braccio (rosso o nero) ruotanti, cono bianco.

Lampada da terra Luminator del 1985(1985 – Lampada da terra “Luminator” per Luceplan – Luciano Baldessari – Photo courtesy: Pinterest)

Quasi contemporaneo è il Luminator in ottone verniciato ideato da Pietro Chiesa per Fontana Arte, presente ancora oggi nel catalogo per illuminazione di interni. Un apparecchio molto dissimile a quello di Baldessari, con linee di maggior rigore; un unico segno, lo stelo a sezione circolare, si allarga verso l’alto creando un tronco di cono per dare spazio alla calotta del riflettente.

La lampada Luminator

(1932 – Lampada da terra “Luminator” per Fontana Arte – Pietro Chiesa – Photo courtesy: Pinterest)

Questo stesso oggetto viene reinterpretato nel 1955 da Achille e Piergiacomo Castiglioni per Gilardi e Barzaghi: la calotta riflettente in metallo viene sostituita da una semplice lampadina con calotta argentata che permette di schermare la luce lateralmente per proiettare l’intero flusso d’emissione luminosa nella sua parte superiore, verso l’alto. Riducendosi a puro supporto della sorgente luminosa, l’apparecchio diventa così molto semplice e essenziale. Premiato con il Compasso d’Oro nel 1955. (4)

Lampada da terra in collaborazione con Achille e Pier Giacomo Castiglioni(1954 – Lampada da terra “Luminator” per Flos – Achille e Pier Giacomo Castiglioni – Photo courtesy: Pinterest)

A partire dal decennio Sessanta, con la proliferazione dei modelli e la grande produttività nel periodo del boom economico, l’apparecchio di illuminazione, oggi icona di lighting design, a stelo a luce indiretta viene ancora riproposto con diverse sorgenti luminose e vari materiali. (5)

Bibliografia:
(1) Fontana Arte, Repertoire, Bolzano, 2020, Fontana Arte
(2) Anty Pansera. Dizionario del design italiano, Milano, 1995, Cantini Editore
(3) Piero Castiglioni, Chiara Baldacci, Giuseppe Biondo, Lux: Italia 1930-1990. L’architettura della luce, 1991, Berenice, Milano
(4) Alberto Bassi, La luce italiana, 2003, Milano, Electa
(5)Piero Castiglioni, Chiara Baldacci, Giuseppe Biondo, Lux: Italia 1930-1990. L’architettura della luce, 1991, Berenice, Milano

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